Ovvero: come gli errori ci guidano nella nostra vita quotidiana.
La mente umana non è razionale. Non importa quanto cercheremo di migliorare i processi cognitivi o quanto ci concentriamo nei task, è inevitabile cadere in questi errori: i bias. Influenzano le decisioni che prendiamo ogni giorno e il modo in cui codifichiamo le informazioni intorno a noi.
La psicologia del pensiero cerca di studiare queste fallacie e il modo in cui le persone ragionano; è una delle discipline più giovani della neuropsicologia, ma i suoi riscontri stanno avendo molto successo anche in altre realtà (come in quella del marketing).
Che cosa sono i bias?
I bias sono errori sistematici che le persone compiono ogni giorno. Questo succede perché le risorse cognitive di una persona sono limitate quindi il cervello cerca costantemente delle scorciatoie (chiamate euristiche) che gli facciano risparmiare “energia”.
Una di queste scorciatoie, ad esempio, è lo stereotipo: ci fidiamo dell’immagine rappresentativa di un gruppo di elementi che hanno caratteristiche simili perché sarebbe troppo difficile per noi memorizzare le caratteristiche dei singoli.
Questi sistemi ci permettono quindi di muoverci all’interno del nostro mondo senza particolari problemi e anzi, ci indirizzano verso particolari scelte e opinioni.
Studiare i bias e come ci influenzano ogni giorno, ci permette di ragionare di più sulle informazioni che captiamo.
Tipi di ragionamento
Prima di iniziare ad elencare bias e fallacie, è necessario introdurre il concetto di ragionamento/argomentazione.
Un ragionamento è composto da una o più premesse messe in relazione con una conclusione.
Ad esempio, le due frasi che avete appena letto qui sopra non sono un’argomentazione, in quanto non hanno delle premesse e soprattutto non giungono a nessuna conclusione.
Qui sotto possiamo vedere invece un esempio di rappresentazione di argomentazione: le due frasi iniziali sono le premesse mentre quella sotto è la conclusione.
se x conosce la ricetta del tiramisù, allora x è italiano
x conosce la ricetta del tiramisù
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x è italiano
Deduttivo vs Induttivo
I ragionamenti si dividono principalmente in due tipi: deduttivo e induttivo.
Nel ragionamento deduttivo la verità delle premesse garantisce la verità della conclusione e, in modo analogo, la falsità della conclusione comporta necessariamente la falsità di almeno una premessa. La conclusione è una precisazione delle premesse, non aggiungendo nuove informazioni.
Questo tipo di ragionamento è il meno comune perché la maggior parte delle informazioni che utilizziamo non sono certe: uno dei pochi ragionamenti deduttivi che possiamo fare sono le dimostrazioni scientifiche o logiche, dove i dati (premesse) sono empiricamente dimostrati come veri. Nella nostra vita quotidiana sarebbe quindi scorretto dire “Mario era in macchina quindi ho dedotto che stesse arrivando” in quanto non si ha la certezza scientifica dei fatti.
se x conosce la ricetta del tiramisù, allora x è italiano
x conosce la ricetta del tiramisù
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x è italiano
Nel ragionamento induttivo, invece, la verità delle premesse non garantisce la verità della conclusione e, in modo analogo, la falsità della conclusione non comporta necessariamente la falsità di alcuna premessa. La conclusione aggiunge informazioni rispetto alle premesse. Questo tipo di ragionamento è il più comune nella nostra vita quotidiana e ci permette di fare ipotesi e di apprendere concetti nuovi.
x conosce la ricetta della cassata siciliana
x conosce la ricetta del tiramisù
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x è italiano
Prendiamo adesso l’esempio seguente.
Siete su un’isola. Vedete un gatto senza coda. Poi ne vedete altri 10 senza coda. Iniziate quindi a pensare che tutti i gatti dell’isola sono senza coda.
In questo caso le premesse (chiamate evidenze perché ogni gatto che si vede senza coda è una prova in più) sono a sostegno della tesi (e quindi conclusione) che tutti i gatti sono senza coda.
Si può quindi osservare che in un argomento induttivo le premesse possono avere un impatto (positivo o negativo) sulla credibilità della conclusione senza che vi sia una relazione deduttiva fra le due, ossia senza che le evidenze implichino logicamente la conclusione.
Basandosi sull’esempio dei gatti, se aggiungiamo l’informazione che sull’isola ci sono 100 gatti e noi ne vediamo 98 senza coda, allora la nostra induzione sarà molto forte ma non sarà mai certa.
Ragionamento probabilistico e conferma induttiva
La domanda che ci possiamo fare con i ragionamenti deduttivi è se la conclusione è valida oppure no.
Con i ragionamenti induttivi invece possiamo chiederci:
- qual è la probabilità della conclusione alla luce delle premesse? → Ragionamento probabilistico
Come abbiamo visto con l’esempio dei gatti, se vediamo 99 gatti su 100 allora la probabilità della conclusione (alla luce delle premesse che abbiamo raccolto) è alta.
Sembra molto semplice valutare questi valori ma in verità le persone non sono brave con il ragionamento probabilistico, e ci soffermeremo su questo aspetto in questo articolo.
- qual è l’impatto delle premesse sulla conclusione? → Conferma induttiva
Ci si basa molto sulle informazioni che le premesse trasmettono e quanto sono in linea con quelle che già abbiamo.
L’argomento “x mangia il panettone ogni natale → x è italiano” ha molta conferma perché nell’immaginario che abbiamo del Natale in Italia, il panettone è un piatto tipico presente su molte tavole durante la festività.
Le persone in questa valutazione invece sono molto brave.
La percezione della probabilità.
Come già detto, le persone non eccellono nel ragionamento probabilistico. Vediamo quindi alcuni esempi.
Lancio della moneta
Date tre sequenze di lanci di moneta, qual è la più probabile?
(T= testa; C= croce)
Spesso le persone scelgono la prima e l’ultima rispettivamente come la più e la meno probabile, quando, da un punto di vista matematico, tutte e tre le sequenze sono equamente probabili.
La spiegazione che si è trovata è che la prima sia la più rappresentativa di una sequenza aleatoria in un possibile modello mentale che si costruisce una persona mentre l’ultima risulta troppo “perfetta” per essere probabile.
Gambler’s fallacy & hot-hand fallacy
Un errore che si è notato molto spesso è che le persone tendono a ritenere che eventi occorsi nel passato esercitino un’influenza su eventi futuri nell’ambito di attività governate dal caso. Sono stati individuati due effetti in questo ambito.
La gambler’s fallacy sostiene che un evento casuale ha più probabilità di verificarsi perché non si è verificato per un periodo di tempo oppure che un evento casuale ha meno probabilità di verificarsi perché si è verificato per un periodo di tempo.
Un esempio sono i numeri ritardatari nel Lotto, che sono presunti avere più probabilità di uscire perché è da tanto che non escono, quando in verità ogni estrazione è un evento a sé stante.
In questo caso le persone sono convinte che una striscia di eventi che non sono accaduti, devono per forza accadere prossimamente.
La hot hand fallacy è, per certi sensi, il contrario della gambler’s fallacy: è la propensione a ritenere probabile che una striscia di esiti positivi continui anche quando questi successi hanno una forte componente casuale.
Preso un gruppo di appassionati di basket, si chiede: un giocatore ha più probabilità di fare canestro dopo averne fatti già due o dopo averne mancati due?
Il 90% delle persone sostiene che il primo caso sia il più probabile, quando c’è quindi uno stato di hot hand (contrario di cold hand, quando invece un cestista non fa canestro per un certo numero di volte).
In verità ci sono stati studi su diverse partite e questa correlazione non sussiste: ogni canestro ha dinamiche e probabilità proprie.
Monty Hall
Negli anni ‘50/’60, negli Stati Uniti c’era questo programma che si chiamava “Let’s make a deal”. Il gioco consisteva in questo: c’erano tre porte (una con una macchina come premio, le altre due con una capra ciascuna) e il concorrente sceglieva una di queste; di seguito il presentatore apriva una delle altre due porte rimanenti (ovviamente una con la capra), a quel punto chiedeva al concorrente se avesse voluto cambiare porta o tenere la stessa.
Quello che vi chiedo adesso è: conviene cambiare porta o rimanere sulla stessa?
Conviene quindi cambiare.
Perché se all’inizio si aveva 1/3 di probabilità di scegliere la porta con la macchina, nel momento in cui il conduttore apre la porta con la capra, le probabilità si aggiornano e la porta che rimane “prende” i restanti 2/3 di probabilità.
Se non capite l’arcana logica dietro a ciò, non preoccupatevi: molti dottori laureati in statistica hanno rifiutato questa soluzione per anni. Vediamola sotto un altro punto di vista.
Facciamo finta di avere 50 porte invece che 3. Si sceglie all’inizio la solita porta e poi il conduttore inizia ad aprirle tutte (con le capre), finché non ne lascia una. Quella singola porta avrà il 49/50 possibilità di avere la macchina dietro, è un po’ come se vi indicasse che dietro c’è nascosto il premio. In questo caso la probabilità iniziale di 1/50 è bassissima, e rimane la stessa anche quando rimangono chiuse due porte su 50; l’altra porta al contrario ha “raccolto” tutte le possibilità delle altre mentre il conduttore le apriva.
Bisogna tenere conto che Monty conosce la posizione della macchina quindi abbiamo la certezza che scarterà le capre lasciandoci con il premio. Nell’immagine possiamo vedere come in due casi su tre si vince se si decide di cambiare.
Base Rate Fallacy
Consideriamo il seguente problema:
In una città operano due società di taxi, quella Blu e quella Verde, così denominate dai colori della carrozzeria dei rispettivi veicoli. Una notte un taxi rimane coinvolto in un incidente stradale. I dati a disposizione per indovinare di che colore è il taxi coinvolto nell’incidente sono i seguenti:
- in questa città l’85% dei taxi è Verde e il rimanente è Blu;
- un testimone identifica il taxi coinvolto nell’incidente come un taxi Blu.
Durante il processo il giudice verifica l’abilità del testimone di distinguere tra taxi Blu e Verdi in condizioni normali di visibilità. Dalla prova, in cui viene presentato un campione costituito da taxi Blu per metà e per metà da taxi Verdi, emerge che il testimone è in grado di identificare correttamente il colore dei taxi nell’80% dei casi mentre li confonde nel 20%.
Qual è la probabilità che il taxi coinvolto nell’incidente sia blu?
Adesso, senza fare calcoli, provate a pensare ad un valore.
Quale dei seguenti valori si avvicina di più alla stima a cui avete pensato?
La risposta che viene data più spesso si aggira sull’80% quando in verità, svolgendo i calcoli, è del 40%.
Come mai, quindi, le persone tendono ad alzare così tanto (mediamente del doppio) le proprie valutazioni?
Qui l’errore che viene fatto è che si basano le proprie valutazioni sulle probabilità a posteriori (le macchine riconosciute dal testimone), ignorando o screditando le probabilità a priori (il numero di taxi verdi e blu presenti nella città).
Questa è detta base rate fallacy, ovvero la fallacia del tasso di base, ed è molto comune.
Le probabilità a priori degli eventi influenzano molto i risultati finali, ma spesso le persone fanno una sottostima di questa, influenzati a volte da un’euristica detta della rappresentatività: consiste nel giudicare la probabilità degli eventi sulla base della loro relativa tipicità rispetto a una categoria di riferimento.
Facciamo questo esempio.
Ci sono 100 profili di professionisti riguardanti ingegneri o avvocati. Si estrae a caso un profilo e si deve decidere se corrisponde ad un ingegnere o ad un avvocato. Il profilo estratto è il seguente: “Jack ha 45 anni. È sposato e ha 4 figli. Di solito è moderato, prudente e ambizioso. Non ha interessi di tipo sociopolitico e passa la maggior parte del suo tempo libero con hobby come il bricolage, la vela e gli enigmi matematici.”
All’interno del gruppo sperimentale sono state presentate due versioni diverse:
- al gruppo A è stato detto che dell’insieme di 100 profili, 30 sono ingegneri e 70 avvocati;
- al gruppo B è stato detto che 70 sono ingegneri e 30 avvocati.
Dati questi valori, i due gruppi sperimentali dovrebbero dare due risposte diverse ma la maggior parte dei partecipanti di entrambi i gruppi sperimentali hanno considerato Jack un ingegnere indipendentemente che la probabilità a priori che si trattasse di un ingegnere fosse di 0.7 oppure 0.3.
Questo perché basano la propria risposta sull’euristica della rappresentatività più che sui numeri forniti, ritenendo il profilo di Jack più tipico per un ingegnere in entrambi i casi.
Abbiamo visto che il ragionamento può essere di tipo deduttivo o induttivo e come, in quest’ultimo caso, la percezione della probabilità influisce (spesso in modo negativo) sul nostro modo di ragionare.
Nel prossimo articolo invece analizzeremo come le persone decidono e approfondiremo i meccanismi alla base di questo processo.