Principi e bias dei processi decisionali: gli errori nella razionalità.
Nell’articolo precedente abbiamo visto cosa sono i bias e come questi influenzino le nostre scelte di tutti i giorni.
La mente umana non è razionale e, avendo risorse cognitive limitate, il nostro cervello utilizza costantemente delle scorciatoie (euristiche) che indirizzano le nostre decisioni.
La psicologia del pensiero si occupa di studiare queste fallacie del ragionamento per capire sempre di più come le persone ragionano.
Vediamo ora invece come le persone decidono e i meccanismi alla base di questo processo.
Decisione
Decidere, da definizione, indica una selezione che si realizza attraverso l’eliminazione di alcune delle opzioni disponibili al fine di rimanere con una sola di esse. Quali sono i principi che guidano le nostre decisioni e quando sbagliamo?
Partiamo con un po’ di terminologia:
- opzioni e/o alternative e/o azioni: rappresentano le possibili soluzioni di un problema decisionale;
- attributi e/o dimensioni: indicano le caratteristiche rilevanti delle opzioni.
Per esempio, facciamo finta di essere alla ricerca di una casa nuova dove andare ad abitare. Le opzioni in questo caso saranno le case in vendita nella propria zona (una in periferia, una in centro, una a qualche chilometro di distanza dal centro…) mentre gli attributi sono tutti quei dettagli che caratterizzano l’opzione (il giardino, il salotto grande, i vicini, la cucina con finestra…).
L’approccio normativo
Lo studio della decisione si divide in approccio normativo e prospettiva descrittiva, rispettivamente in campo economico e psicologico. In questo articolo approfondiremo il primo aspetto.
L’approccio normativo si basa sull’idea di razionalità quale mezzo che ci permette di raggiungere una o più mete.
In questa modalità, il focus è il risultato e non il processo cognitivo delle persone.
Si introduce inoltre il concetto di utilità attesa dell’opzione: indica il grado di raggiungimento dell’obiettivo generale che quest’ultima consente.
Se quindi abbiamo due opzioni tra cui scegliere ma una è migliore dell’altra secondo determinate dimensioni, allora si dirà che la sua utilità attesa è più alta.
Collegato al concetto di utilità si è sviluppata una teoria dell’utilità (che non andremo ad approfondire) in cui vengono elencati degli assiomi e delle teorie su cui si fonda l’approccio normativo.
Assiomi
- Transitività: data una qualsiasi terna di opzioni A, B e C, se A è preferita a B e B è preferita a C, allora A deve essere preferita a C
- Dominanza: data una qualsiasi coppia di opzioni A e B, se l’utilità di A è maggiore di quella di B per un esito e non inferiore per i restanti, allora A deve essere preferita a B. Lavorando sempre con l’esempio della casa, se la casa A e B soddisfano ugualmente gli attributi ma la casa A (per esempio) costa di meno rispetto a B, allora A deve essere preferibile a B
Principi
- “Savage’s sure-thing” o cancellazione: la relazione di preferenza tra due opzioni deve dipendere solo dagli esiti che le distinguono, mentre tutti gli esiti rispetto a cui le opzioni risultino perfettamente equivalenti dovrebbero essere trascurati. Tra gli esempi che andremo a spiegare, il disjunction effect è un caso di mancata cancellazione.
- Invarianza: qualsiasi caratteristica delle opzioni che non interessi il loro valore dovrebbe essere ignorato. Di seguito andremo a spiegare il framing effect, esempio di violazione del principio di invarianza.
- Regolarità: l’aggiunta di una nuova opzione non può incrementare la probabilità di scelta delle opzioni preesistenti. Versione più debole: l’introduzione di una nuova opzione che non viene scelta da nessuno, non dovrebbe alterare la relazione di preferenza fra le opzioni preesistenti.
Disjunction effect
Prendiamo l’esempio seguente.
Immaginate di aver appena fatto un esame difficile a fine semestre e vi sentite stanchi alla fine di questo periodo.
Non sapete se avete passato oppure no l’esame e nel caso in cui avete esito negativo, dovrete ridare l’esame tra un paio di mesi – subito dopo Natale.
Trovate, però, un’offerta online di un viaggio di 5 giorni su un’isola tropicale ad un prezzo bassissimo durante le vacanze di Natale. L’offerta scade domani, mentre il risultato dell’esame non l’avrete prima di dopodomani.
Cosa fareste? (Dietro le card vedrete le percentuali di scelta dei soggetti coinvolti nel test.)
In questa situazione di incertezza, il 61% dei soggetti preferisce spendere 5€ in più e assicurarsi l’offerta, mentre il 32% sceglie di comprare direttamente il pacchetto.
Cambiamo adesso scenario.
Al gruppo sperimentale a disposizione si danno due versioni diverse del problema: una in cui la persona sa di aver passato l’esame e una in cui la persona sa di non averlo passato.
Immaginate di aver appena fatto un esame difficile a fine semestre e vi sentite stanchi alla fine di questo periodo.
In un caso, sapete di aver passato l’esame, nell’altro di non aver passato l’esame e di dover quindi studiare per ridarlo dopo Natale.
Trovate un’offerta online di un viaggio di 5 giorni su un’isola tropicale ad un prezzo bassissimo durante le vacanze di Natale. L’offerta però scade domani.
Cosa fareste in ciascuno dei due casi? (Dietro le card vedrete le percentuali di scelta dei soggetti coinvolti nel test.)
In questa situazione di certezza, invece, i soggetti hanno cambiato le loro preferenze: l’opzione dei 5€ non è più la più appetibile in quanto il risultato dell’esame si sa già.
La più votata, sia per coloro che hanno passato l’esame (al 54%) che per quelli che non l’hanno passato (al 57%) è “comprare il pacchetto”.
È come se i soggetti cercassero delle giustificazioni per le proprie scelte: “non ho passato l’esame ma mi compro lo stesso il pacchetto così mi faccio un regalo di consolazione”, “ho passato l’esame, mi faccio un regalo perché ho studiato molto questo semestre”.
Framing effect
Affrontiamo questo problema, conosciuto anche come “Problema della malattia asiatica” (Tversky & Kahneman, 1981).
Al gruppo sperimentale vengono presentate due versioni diverse del problema. Vi chiedo quindi di scegliere, per ogni gruppo, una delle due opzioni e vedere se avete scelto in linea con la maggior parte dei soggetti oppure no.
Ecco il problema.
Immagina di essere il ministro della sanità di un paese dove si sta per diffondere un’insolita malattia asiatica, che in assenza di interventi ucciderebbe 600 persone, e di dover scegliere tra due programmi per combatterla.
Gruppo 1:
- se sarà adottato il programma A, 200 persone saranno salvate [72% di soggetti]
- se sarà adottato il programma B, con 1/3 di probabilità saranno salvate 600 persone e con 2/3 di probabilità nessuno sarà salvato [28% di soggetti]
Gruppo 2:
- se sarà adottato il programma A, 400 persone moriranno [22% di soggetti]
- se sarà adottato il programma B, con 1/3 di probabilità nessuno morirà e con 2/3 di probabilità 600 persone moriranno [78% di soggetti]
Se si osservano bene le due versioni, si nota che in verità i dati sono gli stessi ma messi in modi diversi: per esempio nel programma A 200 persone vivono (quindi 400 persone muoiono) sia nel primo che nel secondo caso.
Le risposte dovrebbero quindi convergere mediamente sulla stessa risposta in entrambi i gruppi perché i numeri sono gli stessi.
Si nota invece che nel gruppo 1 il 72% dei soggetti sceglie il programma A, mentre nel gruppo 2 il 78 % sceglie il programma B.
Quello che abbiamo descritto è il framing effect, cioè la tendenza a valutare in modo diverso delle opzioni a seconda di come siano presentate, per esempio utilizzando termini a connotazione positiva (‘vita’) o negativa (‘morte’).
Status quo bias
Consideriamo il seguente caso:
Assicurazione auto in New Jersey vs. Pennsylvania. Nei primi anni ’90 sono state modificate le leggi sull’assicurazione auto in questi due stati. Per ridurre i costi, fu introdotta una polizza base che escludeva furto e incendio e copriva solo i danni a terzi.
- In New Jersey, i nuovi automobilisti avevano di default l’assicurazione base e se lo desideravano potevano acquistare l’assicurazione completa (soluzione opt-in)
- In Pennsylvania, i nuovi automobilisti avevano per default l’assicurazione completa e potevano decidere di passare a quella base (soluzione opt-out)
Il 20% degli automobilisti del New Jersey ha deciso di comprare attivamente l’assicurazione completa, mentre quasi il 75% degli automobilisti della Pennsylvania ha deciso di tenerla.
Questi dati dimostrano come le persone fanno fatica a fare l’opt-in (decidere attivamente di cambiare stato delle cose, entrando in uno nuovo) ma comunque preferiscono non fare l’opt-out (uscire dallo stato attuale delle cose).
Questo bias ci capita molto spesso durante una giornata, come quando facciamo l’accesso ad una piattaforma e di default ci sono già delle impostazioni settate oppure, in modo più generalizzato, tutte quelle idee che ereditiamo dal passato e che invece sono solo reticenze da cui alcune persone non riescono a fare l’opt-out. Tutto ciò può essere dovuto un po’ da una pigrizia cognitiva, che ferma le persone dal mettere in dubbio lo stato dell’arte delle cose, e un po’ da una paura dell’ignoto che invece spesso ferma alcuni. La scusa che si trova è: “si è sempre fatto così” oppure “lo stato delle cose è così per un motivo”.
Con questa seconda parte dell’articolo, abbiamo spiegato brevemente i principi di decisione e come le persone, in verità, li violino. Non siamo quindi razionali, per quanto possiamo cercare di basarci sui fatti oggettivi: i dati che raccogliamo sono percepiti attraverso i sensi e sono elaborati da un cervello condizionato dalle nostre esperienze.